Aware è un progetto che nasce, prima di tutto, da un’esigenza condivisa di contro-narrazione creativa e positiva, di “fare comune”, di costruzione – dal basso – di alternativa e partecipazione, secondo un percorso che trova nell’approfondimento, nello storytelling, nel “partire da sé” la sua ragion d’essere. Aware non vuole imporsi come l’ennesima bacheca sterile dove si susseguono sfuggenti spicchi di mondo in una giostra di parole vacue, senza volto né nome. Aware non è nemmeno un movimento elitario, costruito su un intellettualismo accademico colpevole di restare sempre troppo a distanza di sicurezza. In questo senso, Aware vuole essere uno spazio di tutti e tutte, di chiunque lo senta suo. Uno spazio personale ma collettivo, individuale ma anche comunitario.
Aware è prima di tutto confronto, relazione, proposta. Un “luogo” pubblico e orizzontale dove s’intrecciano le voci e storie di coloro che nella realtà del contesto culturale e sociale attuale vedono lo spettro di un allarmante disarmo della ragione e una costante svalutazione nei confronti di tutto ciò che venga percepito oggi come “diverso”.
Cosa opporre a tutto questo, ci siamo chiesti? La risposta è stata immediata. E allora eccoci tornare a comporre la narrazione più umana che esiste, ovvero quella della Bellezza, intesa non come valore astratto, ma come proiezione universale del sentimento di empatia che ci lega l’un l’altro/a, sorgente che trasversalmente edifica tutti gli ambiti del vivere comune, dalla politica alla cultura, dall’economia all’arte. La Bellezza da ri-scoprire nella complessa diversità che ci accomuna, in tempi in cui questa è divenuta una preoccupazione in più dalla quale fuggire e non occasione di crescita e produzione di senso.
La parola stessa, Aware, esprime il nucleo di questa ricerca, attraverso il doppio significato che assume, rispettivamente, nella lingua giapponese e in quella inglese.