Controverso #0

– di Sfogo

 
Luglio, il sole splende nel salone di marmo pieno di mobili barocchi in legno, gusti di una nonna troppo presente nella vita del figlio. Nel salone ci sono io, a fissare l’iPhone, con l’intento di far cambiare idea, riguardo l’ansia, ad una ragazza. Le scrivo su Whatsapp che la mia ansia è solamente ansia psicosomatica, si riversa tutta sul mio corpo, non metterei ansia anche a lei e potrei supportarla nel momento in cui avesse problemi, perché la mia mente resta lucida anche in quei momenti; cerco di spiegarle che la sua idea di me, nettamente cambiata subito dopo averle detto che soffro d’ansia, è errata perché si basa su una visione stereotipata di quest’ultima e che io non sarei un freno alla sua vita, perché le cose che non posso fare coincidono spesso con quelle che non vorrei fare in ogni caso.

Insomma, sentivo di doverle far capire che la mia sensibilità non porta con sé solamente difetti. Ormai era troppo tardi. Il suo giudizio mi aveva macchiato alla parola «ansia». Qualsiasi tipo di discorso in seguito, per spiegarle meglio la situazione, avrebbe incontrato un muro enorme di pregiudizi. Trattare i problemi di salute mentale come se fossero sentenze di morte è peggio che sminuirli, sotto alcuni punti di vista.

Quello su cui voglio che si punti l’attenzione, per questa volta, è il mio senso di colpa. Io mi sentivo in colpa di stare male, in colpa di mostrare le mie debolezze, in colpa di mostrarmi per come sono. Perché questo senso di colpa? A causa del sessismo che è sempre una lama a doppio taglio. Non potevo essere il cavaliere che la salva, non potevo essere il cacciatore che la cattura, non potevo essere l’ideale di uomo forte che non può permettersi di avere veramente debolezze.

Sottolineo il veramente. Molti credono che un uomo che piange sia bello perché mostra sensibilità, ma se piange spesso rimane comunque un piagnucolone; se è troppo sensibile è una “femminuccia”; se soffre di qualche disagio mentale, è semplicemente uno sfigato.

Io non ci sto. Io continuerò ad essere aperto con le persone. Continuerò ad essere trasparente. Continuerò a rompere le palle, perché rompere le palle e parlarne ogni volta che posso è l’unico modo tramite il quale sensibilizzare il mio piccolo mondo verso le malattie mentali, verso la parità dei sessi e, più generalmente, verso una società senza pregiudizi, in cui ognuno di noi non avrà nemmeno per sbaglio il pensiero «sono io ad essere sbagliato».

Nessuno è sbagliato.

Non perderti nemmeno una briciola di bellezza resistente.