«La Bellezza ci salverà», fa dire Dostoevskij al suo Principe Myškin ne L’Idiota. Ma quale Bellezza ci salverà? In un mondo ambiguamente sempre più “aperto”, in cui globalizzazione e neoliberismo ci hanno cresciuti nell’illusione della libertà, mentre vecchi modelli identitari tornano a riproporsi come unici baluardi stabili di ordine e certezza, vale la pena riscoprire il valore del rapporto con l’Altro, della condivisione, della cultura e dell’empatia, per costruire nuovi modi di stare insieme e ripensarci in quanto uomini e donne, cittadini e cittadine.
Aware è una parola antica e intraducibile figlia della letteratura giapponese, che descrive l’indicibile attrazione e partecipazione emotiva verso la bellezza propria delle cose. Allo stesso tempo, Aware in inglese indica una persona consapevole, informata, attenta. L’amalgama di questi due concetti dà forma e impulso alla nostra scelta di narrare la realtà attuale con nuove forme, scavando le lettere nella complessità del confronto tra luoghi, materiali o astratti, distanti.
Per noi di Aware, se c’è una bellezza che può ancora salvarci è quella che nasce – spesso inaspettatamente – dall’incontro tra mondi, corpi e colori diversi. È la bellezza delle relazioni umane, vissute con consapevolezza del sé, dell’altro e di ciò che ci circonda. Ed è una bellezza preziosa, questa, da preservare e rilanciare oggi con forza, contro chi predica divisione, odio e sospetto. Riconoscersi nell’Altro è un compito difficile. Ma dobbiamo tentare, perché è lì che si annida il vero cambiamento: nella cura che riversiamo l’uno/a sull’altro/a e nei confronti del nostro Pianeta. Ancora una volta, o forse per la prima volta davvero, sarà in fondo l’Amore a salvarci. «E cos’è l’amore, se non desiderio di comune?».