La stanza affollata di una mente stanca

Sono stanca di tutta questo spreco di bellezza alla nostra portata, che sarebbe facile da coltivare. Stanca di vivere in me e rifiutarmi.

Sono stanca.

Sono stanca di combattere battaglie ideologiche nel silenzio assordante di chi mi circonda; nell’indifferenza di un mondo troppo impegnato nella spasmodica produzione atta al consumo violento.
Sono stanca di aspettare una sensibilità che fatico a vedere, che non riesco a sentire sulla mia pelle bisognosa, escoriata dalle fredde correnti dell’insensibilità.
Sono stanca delle divisioni, delle lotte senza quartiere in cui non c’è un vincitore tra gli ultimi; stanca delle etichette, dei dogmatismi, della necessità di definirci tutti, di declinarci a merce.
Sono stanca dei piccoli paesi, chiusi nei loro campanilismi, accecati da una realtà ristretta.
Sono stanca della caotica noncuranza delle grandi città, della spersonalizzazione.
Sono stanca dei confini, delle barriere di filo spinato, dei muri. Di quelli reali, di quelli immateriali.
Sono stanca dei numeri, delle statistiche che uccidono le storie dietro ogni nome.

Sono stanca di chiudermi sempre di più nel mio mondo interno, sofferente, che solleva muri sempre più alti dai quali faccio sempre più fatica a uscire.
Sono stanca della mia stanza, dei miei oggetti; sono stanca del possesso, della proprietà, sono stanca di subirla, di sentirmi posseduta e in gabbia.
Sono stanca di dover aprire gli occhi ogni giorno e accettare un ruolo che non ho ancora scelto né compreso, che non so recitare; stanca della mia non utilità, di non avere un bordo definito che si incastri nel vostro mondo.
Sono stanca di agognarlo questo vostro mondo, e rifiutarlo al tempo stesso.

Sono stanca di guardare le mie foto e vedere nei miei occhi sempre un fondo di tristezza. Una tristezza che mi accompagna da quando ho memoria, che non riesco a guarire. Che si è calcificata, diventando fredda apatia, muta stanchezza.
Sono stanca di aspettare risposte da chi dice di volermi bene ma non riesce a sentirmi, neanche quando le mie labbra si muovono per spiegarsi al meglio delle loro possibilità.
Sono stanca di chi mi dice che sono brava con le parole, che sono brava nella scrittura, ma non sa leggermi.
Sono stanca di pensare che le mie parole escano distorte e che non sia, piuttosto, il bieco disinteresse di questo mondo individualistico che ci vuole sempre sorridenti, sempre efficienti, chiusi nel nostro solipsismo, a costruire vite sulle basi della noncuranza.
Sono stanca dell’ipocrisia della positività, ma anche di quella del mostrarsi deboli.

Sono stanca delle emozioni costruite, confezionate a guisa di concetti prestabiliti e date in pasto al mare della rete bulimica, che ne abusa in maniera incontrollata, distratta, con le mani sporche di pregiudizi, con totale mancanza di sensibilità.
Sono stanca della commercializzazione dei cuori e delle anime. Vorrei che questi cuori, che queste anime avessero diritto alla condivisione, all’ascolto.
Sono stanca delle visioni settarie, univoche; stanca di una mancanza di modulazione sull’altro.
Sono stanca delle verità assolute; stanca degli idoli, dei capibranco.
Sono stanca della lontananza emotiva che mi schiaccia ogni giorno, della solitudine imposta. Sono stanca del mio limbo che oscilla tra l’egoismo della sopravvivenza e la continua ricerca dell’altro.
Sono stanca delle perle di psicologia, del conforto precostruito, degli approcci zen.
Sono stanca della vostra fumosa percezione dell’esserci per l’altro; stanca dei grandi gesti eclatanti e della mancanza delle piccole cose.

Sono stanca di rincorrere l’affetto, di rincorrere il mio passato e farlo sopravvivere in un presente senza futuro.
Sono stanca dei miei tentativi di averti vicino, di cercarti, di sognarti e pensarti, perché ogni singolo atomo del mio corpo ne soffre terribilmente. Sono stanca di questa sofferenza data dal mio percepirmi attraverso i tuoi occhi che non mi vedono, le tue orecchie che non sentono il mio battito.
Sono stanca di volerti trattenere mentre vedo solo la tua schiena che diventa un punto sempre più lontano.
Sono stanca di cercare validità e conferme; sono stanca di non averne, di non riuscire a bastarmi.

Sono stanca della mia finta e traballante durezza, sono stanca di non saper piangere di non saper ridere davvero.
Sono stanca della svalutazione dei mei sentimenti, che ho deciso di custodire gelosamente per non darvi in pasto l’ultimo grammo di sensazione rimastami.
Sono stanca di tutto l’amore dentro di me, che mi preme alle pareti dello stomaco impaziente di uscire. Sono stanca di trattenerlo per la paura fondata di un’incomprensione.
Sono stanca di non poterti dire che ti amo, come si ama l’universo, come si amano i fratelli, come si ama l’aria che si respira.
Sono stanca dell’amore non corrisposto; stanca dell’utopia di un amore universale.
Sono stanca dell’ultimo grammo di cuore che mi continua a battere, ad accendersi ancora anche se debolmente, della sua caparbietà.

Sono stanca di tutto questo spreco di bellezza alla nostra portata, che sarebbe facile da coltivare.

Sono stanca di esserci, di essere al margine.
Stanca di vivere in me e rifiutarmi.
Sono stanca di tutta questa ingombrante inconsistenza.

Immagine in evidenza: Eliana Esquivel

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