Melodie vicine: Cumbia

Dalle spiagge africane al Sudamerica: la Cumbia è danza conturbante intorno ad un falò, ma anche voce tuonante che risuona in tutto il mondo.

Da onda africana a messaggio internazionale

La musica è onda: parte dal suono, prende il corpo e la mente, e si dirada dappertutto. In Africa, che a mio modesto parere rimane la zona del mondo più “musicale” di tutte, l’avevano già capito secoli fa, e per parlare del genere sudamericano della Cumbia, dobbiamo partire proprio nel continente africano.
Qui si svolgono rituali e danze propiziatorie intorno al fuoco, su cadenze che oggi definiamo ‘tribali’, ma sarebbe più giusto dire ‘ancestrali’. Le percussioni si fanno onde, che colgono il corpo dei ballerini, che ondeggiano a tempo. Gli studiosi del caso hanno infatti messo in relazione questa danza con il movimento del mare, quasi lo si volesse omaggiare di essere portatore di ricchezza.
E così le donne alzavano le gonne fino al viso per lasciarle vibrare a ritmo, e scuotevano i fianchi ad imitare le onde marine. Questa partitura di base fu ripresa dagli europei, di lato iberico, e fu implementata con voci e tonalità folkloristiche spagnole. Da lì la Cumbia non si è più fermata, sia come genere musicale che come veicolo di messaggi sentimentali, culturali e sociali.

Corteggiamento al falò

La “cumbiamba”, questo il nome della danza africana, veniva eseguita a piedi nudi sulla spiaggia, ma anche tra le piantagioni coloniali, chiamate ‘kumbè’ proprio dai suoni dei canti che provenivano da quei campi. È storicamente difficile, se non impossibile, definire con precisione dove la Cumbia ponga le sue radici, ma queste poche tracce possono condurre a far risalire l’origine tra le piantagioni della Colombia coloniale. Ci si incontrava solo nelle ore serali, perché durante il giorno si lavorava e basta, ma al calare del sole si imbastivano gli strumenti e si accendeva il falò. I ballerini si prendevano per mano, e la danza fu così mezzo di socialità e, cosa più importante per i suoi sviluppi, di intrighi amorosi. Il passo successivo fu proprio “slegare” tutti quanti e farli tornare a ballare in coppie, che però devono girarsi intorno senza mai incontrarsi. La danza è un atto di corteggiamento, prima che d’amore, per questo motivo l’ uomo mandava segnali di interesse tramite i suoi passi, e la donna rispondeva con i movimenti dei fianchi.
Come detto, il passare dei tempi e la commistione etnica ha portato la Cumbia all’affascinante musica che è oggi, ancora fautrice di ritmiche dal cuore africano, e di melodie dal sangue latino.

Ballerini Cumbia
Moderni ballerini di Cumbia durante una competizione// credits: worlddanceco.com

Geografia cumbiana

L’etimologia della parola ‘Cumbia’ è una questione labirintica, proprio come la storia della sua nascita. Dei precisi riferimenti come la succitata danza “cumbiamba” e il termine “kumbè”, ci indirizzano verso la strada più calcata dagli studiosi, ovvero quella delle radici africane in tempi coloniali. Ma abbiamo anche altri input esterni: con il termine Cumbes vengono definiti gli abitanti di Bata, nella Guinea Equatoriale; senza contare che ‘kumba/cumba’ sono parole della tribù Bantu del Congo.
Inoltre, nelle Antille, si hanno documenti che attestano l’esistenza di tamburi chiamati ‘cumbé’. In pratica la storia (coadiuvata dalle manie di protagonismo degli europei cinquecenteschi) si è divertita a mischiare le carte culturali, spargendo gli indizi in diversi angoli del mondo. Ma non è un problema, dato che ora la Cumbia è un genere di fama internazionale. Che poi alla fine, se nasce qua o nasce là, che differenza fa? Magari non possiamo dire con certezza dove è nato, ma sappiamo dov’è cresciuto e maturato: in Colombia, e in seguito in tutto il Sudamerica.

I diversi stili

Il Novecento ha visto crearsi composizioni di Cumbia in tutta l’America del Sud, stimolati dalle prime orchestre colombiane degli anni ’40. Così il genere dilagò passando da locale in locale e acquisendo man mano connotazioni sempre più autoctone. Ogni popolo ha fatto suo il tema “cumbiano” e lo ha portato ad avere voce nazionale. In Argentina domina l’amore per la chitarra, che viene messa al centro della cosiddetta ‘Cumbia Santa Fè’, dove la danza viene messa più in disparte per lasciare spazio ai toni malinconici e nostalgici della voce e dei testi. Altro caso particolare è l’America centrale, dove tra Guatemala, Honduras, Messico, El Salvador e Nicaragua, si sviluppa tramite l’uso della marimba, strumento a percussione originario di quelle terre. In Cile, la Cumbia ha perso punti a favore del reggaeton, genere più “nazional-popolare”. Ma dagli anni Duemila i nuovi ritmi della ‘Nueva Cumbia Chilena’, che uniscono la tradizione agli stili punk-rock, hanno rinvigorito le fila e dato fresca linfa vitale al genere.
In terra natìa, la Colombia, ascoltiamo diverse varianti. La più nota è la Cumbia Villera, nata dagli influssi della musica argentina dio Buenos Aires, che parte dai quartieri poveri per raccontare la vita delle zone meno fortunate. Interessante, invece, come la Cumbia si sia unita con il rap degli ultimi anni: gli elementi Hip Hop e R’n’B contribuiscono ogni giorno alla distribuzione della tradizione cumbiana tra le nuove generazioni.

Graffito Cumbia
Graffito che rappresenta i colori e le tonalità della Cumbia// credits: Pinterest

Passi e fianchi

Doveroso approfondimento sulla danza. La Cumbia differisce dagli altri balli di coppia sudamericani per le figure usate, che portano i due ballerini ad avere una distanza tra di loro. Tratti distintivi sono i passi brevi e trascinati, e il costante movimento dei fianchi. La tradizione vuole i musicisti seduti in un cerchio, e i ballerini che danzano intorno ad essi; meglio se il tutto è condito con la luna della notte. La donna muove e guida la danza, mentre l’uomo va a zig-zag intorno a lei. Ricordo che ruota tutto attorno al corteggiamento, per questo l’atteggiamento è rilassato, ma anche sensuale e malizioso: il corpo è il messaggero del sentimento. Non è raro che i ballerini adornino le movenze con dell’oggettistica: sono molto usati i fazzoletti, sventolanti tra le mani, ma anche candele, usate per i balli notturni, o cappelli.
Ormai per gustare la Cumbia ballata si deve attendere il carnevale, o i famosi festival sparsi per il paese. Il “Festival Nacional de la Cumbia ’José Barros’”, dal nome del suo creatore, è dal 2013 Patrimonio Culturale della Nazione, ed è forse il più importante per il genere. Non meno fondamentali sono altri incontri come il “Festival Nacional de la Cumbiamba” di Cordoba, il “Sirenato de la Cumbia” o il carnevale di Barranquilla dove si esibiscono molteplici gruppi danzanti sul palco appositamente denominato “cumbiódromo” (Analogamente al ‘Sambodromo’ di Rio).

La Candela è viva

La musica si spiega solo tramite se stessa.
Il brano di oggi porta la firma di una delle figure più ‘cumbiane’ di tutte: Totò La Momposina. La Regina della Cumbia ha alle spalle una carriera sessantennale, che la porta sui palcoscenici del mondo con i suoi meravigliosi 78 anni. Totò è per molti l’apice dei ritmi della Cumbia, perché non si attiene alle nuove sonorità moderne, ma cerca la contemporaneità attraverso l’uso dei suoni originari. Con lei, le radici tornano vive e vegete sul terreno, e non rimangono nascoste nel sottosuolo. È elegante, classica, carica e accattivante. Il brano che ho scelto porta il nome dell’album in cui è contenuto, e che ha consacrato il suo talento: “La Candela Viva”
(qui il link –> Totò La Momposina- La Candela Viva).
C’è un chiaro riferimento alla candela usata nella danza cumbiana, metafora di luce nell’oscura notte in cui si canta e si balla. Sinonimo di fuoco, passione e cuore, la candela è quindi sangue pulsante della Cumbia, ed è viva e conturbante.
Il brano è ipnotico. Parte il tamburo che spiega subito il ritmo saltato e rincorso. Si capisce subito che non ci sarà tempo di respirare; perché? Proprio perché la “candela è viva” e non vuole aspettare. Totò entra con la parola ‘Fuego’ cantata in fretta, con toni alti e avvolgenti. Da qui è una continua scossa: il testo ripetitivo rispecchia la metrica di una normale cantilena; le percussioni mettono il fiato sul collo. Il risultato sono circa 240 secondi di sussulti, colpi e vibrazioni. L’urlo finale è la liberazione di quella potenza ultraterrena che ha comandato il corpo per tutto il tempo del brano.

Totò La Momposina
Totò La Momposina durante un concerto// credits: www.radiopopolare.it

Esto es Cumbia

Nel 2006, la cumbia è stata nominata dalla rivista Semana e dal “Ministero della Cultura” come simbolo culturale della Colombia.
La Candela Viva” della Regina Momposina è l’esatto esempio di ciò che dicevo all’inizio. La musica è onda, e insieme a lei l’essere umano ondeggia in preda ad uno spirito di cui conosciamo solo la sua definizione, tramite strumenti e spartiti. La Cumbia è da generazioni lo stemma distintivo di una sfumatura sudamericana. Spogliandoci di ogni costruzione, ritorniamo ad un falò, una spiaggia, tamburi, e tanta innata e insensata voglia di ballare.
Señoras y señores, esto es Cumbia.

Sirenato de la Cumbia
Ballerina durante la XXI° edizione del festival “Sirenato de la Cumbia”// credits: Twitter

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Immagine in evidenza:
Dipinto dell’artista colombiano Francisco Céron// credits: Pinterest

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