Orizzonti vicini: Jakuti

Nell'estremo nord del mondo, gli Jakuti abitano il ghiaccio tra leggende e lotte per riprendersi la natura che sta perdendo contro il riscaldamento globale.

La talpa sottoterra 

Se vi capita di ascoltare una storia che parla di una mostruosa talpa sotterranea, non prendete per pazzo chi ve la racconta. Probabilmente fa parte del popolo jakuto, e vi tranquillizzerebbe dicendovi che questo animale, chiamato Mamantu, appena esce all’aria aperta muore. Anzi, questa leggenda ha anche delle conferme scientifiche. Infatti, non è inusuale vagare nel freddo siberiano e imbattersi nelle carcasse dei mamantu. Ma la realtà è meno fantasiosa degli Jakuti: le carcasse appartengono ad antichi mammut straordinariamente conservatesi nel permafrost, il peculiare terreno della Jacuzia.

Questa leggenda è il frutto dell’antica religione di questo popolo immerso nel nord del mondo. Le loro pratiche sciamaniche, ora mischiate a religioni come il cristianesimo e il buddhismo, prevedevano di raccogliere da suddette carcasse i due enormi denti a forma di piccone per inciderli e ricavarne utensili e oggettistica.

Jacuzia

Giocando a Risiko, vi cadrà sicuramente l’occhio nel territorio asiatico su una regione dal nome che ricorda una vasca idromassaggio. Tra l’impronunciabile Kamtchatka e la più nota Siberia, leggerete Jacuzia. Ebbene in queste terre, verdeggianti per un breve periodo annuo e per il resto coperte dal manto nevoso, abitano gli Jakuzi.

Si danno il nome di Saka (o Sacha); infatti, la denominazione ‘Jakuzi’ è propria della lingua russa. Al giorno d’oggi fanno parte della Repubblica Sacha, a sua volta parte della vasta Federazione Russa, che occupa una parte della Siberia settentrionale. I russi annusarono l’affare già dal XVII secolo e, accorgendosi dei minerali che quei terreni offrivano, occuparono la Jacuzia reprimendo le popolazioni autoctone e le seguenti ribellioni.

Donne Jakute
Foto di donne Jakute in abiti tradizionali// credits: TurkWolf- Pinterest

Geografia della Repubblica Sacha

Il suo territorio vastissimo (più di 3 milioni di km²) ne fa la più estesa unità amministrativa del mondo, ma soprattutto è cosparso di giacimenti di carbone, lignite, ferro, oro, petrolio, gas naturale e diamanti, che spiega l’avvento repentino e totalitario dei russi. Da un certo punto di vista capisco perché il Mamantu vive sottoterra e non sopra. Oltre ai minerali, la natura siberiana riserva in queste zone d’altipiano vari rilievi (come il Verchojansk e il Čerskij) e fiumi di grande portata (Jana, Kolyma e Lena per citarne alcuni). A causa del permafrost che comprende la quasi totale area della Repubblica, nelle zone pianeggianti si ha la formazione di sterminate paludi durante la breve stagione estiva, ovvero quando il drenaggio dell’acqua è impedito dallo strato gelato poco sotto la superficie. Il clima continentale è caratterizzato da inverni rigidissimi; le grandi foreste di conifere che coprono buona parte del territorio favoriscono la caccia e l’allevamento degli animali da pelliccia.
Fiore all’occhiello della Jacuzia è il Parco Naturale dei Pilastri della Lena.

Parco Naturale dei Pilastri della Lena

Chiamato anche Lenskiye Stolby, è il nome dato ad una formazione rocciosa lungo il corso del fiume Lena.
I pilastri, nati da un processo di erosione di ben 400.000 anni, raggiungono altezze dai 150 ai 300 metri, e dal 2012 fanno parte della lista dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO. L’ebrezza paesaggistica, che non è mai traslitterabile, è data dall’imponenza dei giganti rocciosi, ma anche dalla flora e dalla fauna tipici del fiume Lena che accompagna i turisti accanto ai pilastri. Nella zona del parco chiamata Tukulan ci si può imbattere addirittura in vere e proprie dune di sabbia, nella quale in passato sono emersi resti di mammut e rinoceronti lanosi estinti da secoli. Oggi invece scorrazzano beatamente lepri, topi muschiati, ghiottoni, scoiattoli e orsi. Alzando la testa si farà caso anche ai padroni di casa: le aquile e i falchi.

La visita ai Pilastri della Lena non è semplice a causa della distanza che comporta un lungo viaggio in battello, ma può comprendere, una volta sul posto, anche il trekking, le escursioni e il rafting.

L’interesse per questo luogo è anche un altro. Secondo alcuni scienziati, infatti, le zone del parco potrebbero essere la culla della civiltà umana: poiché la grande glaciazione è avvenuta nel territorio dell’attuale Jacuzia, un alto numero di reperti archeologici ha condotto al pensiero che i primi umani siano apparsi nel territorio lungo il fiume Lena. A sostegno della teoria ci sono anche alcuni strumenti rinvenuti, tra i più antichi sul pianeta.
Aleksandr Aleksandrovič Bestužev, poeta russo, scrisse:

“Un certo sacro silenzio giace in questa creazione incontaminata, e l’anima si unisce con la natura selvatica ma grandiosa”

 

Pilastri della Lena
Immagine dei pilastri nel Parco Naturale della Lena// credits: iviaggidellocablu.it

L’Olonkho…

Ci sono circa 456.000 parlanti in lingua jakuta, per questo considerata meno in pericolo rispetto alle altre lingue regionali della Russia. La lingua Sacha è turcofona, perché nasce dagli antenati degli Jakuti che appartenevano alla tribù turca dei Kurikan.

Fondamentale per il mantenimento linguistico è l’Olonkho. Con questo termine ci si riferisce ad un’antica rappresentazione epica ancora oggi recitata sporadicamente in queste zone. Sorge nel contesto familiare come forma d’intrattenimento e mezzo educativo di tradizioni e miti. Gli olonkhosut, ovvero chi mette in scena l’epica epopea di radice turca, si incaricano di declamare, cantare e interpretare più di 10.000 versi che sono depositari della memoria del popolo. L’Olonkho è un retaggio culturale per gli Jakuti e tratta il tema della lotta tra bene e male. In ciò si muovono divinità leggendarie, mostri, guerrieri e spiriti che abitano i tre mondi della cultura Sacha.

Nonostante l’epoca di splendore vissuta all’inizio del XX secolo che ha prodotto anche moderne opere teatrali, l’instaurazione del regime sovietico proibì questa tradizione, provocandone la riduzione del numero dei praticanti.

… e l’Yhyach

La distinzione dei tre mondi che viene fatta nell’Olonkho è di notevole importanza nella religione tradizionale. Esseri umani e spiriti di esseri viventi abitano il ‘Mondo di Mezzo’. Il ‘Mondo Superiore‘ è invece patria di divinità benevole, come il saggio Yoyung Aivyy Toion (Grande Signore Bianco), mentre il ‘Mondo Inferiore‘ è sede di oggetti maligni. Questa credenza trova perfetta espressione nel Grande Albero del Mondo, chiamato Aal Luuk Mas, indiscusso protagonista della festività Yhyach.

Il termine yhyach significa “abbondanza”, e non a caso la festa è associata alle divinità del sole e della fertilità. Si celebra durante il solstizio d’estate e segna l’inizio del nuovo anno per il popolo Sacha. Oltre alle rituali preghiere e ai giochi popolari si pratica una danza particolare: un grande girotondo, che simboleggia il cerchio della vita, mentre si cantano canzoni dedicate alla forza della natura. Le persone si tengono sotto braccio o per mano, con il piede sinistro in avanti si muovono ritmicamente nella direzione del movimento del sole allo scopo di catturarne l’energia. Si ritiene che chiunque entri a far parte del cerchio si carichi di energia per tutto l’anno.

L’Albero del Mondo è invece la rappresentazione di Aan Alakhchyn Khatun, la Signora della Terra. È il perfetto simbolo del collegamento tra i tre mondi perché ha le radici nel Mondo Inferiore, il tronco in quello di mezzo, e i rami nel Mondo Superiore.

Chi è esterno alla religione Sacha, può comunque godersi i piatti e le bevande tradizionali, i suoni del kyrimpa (il violino jakuta) e i colori delle tradizionali vesti di questo popolo che ruba energia al sole ballando.

Uomo Jakuto
Jakuto durante la festività Yhyach// credits: Valery Sharifulin- Russia Beyond

Ghiaccio sottile

Un vecchio proverbio Jakuto spiega che la terra è così tanto ricca di materie prime perché quando Dio ha sorvolato la Jakuzia un giorno d’inverno, le sue mani si sono congelate e ha lasciato cadere tutti i suoi tesori. Ma l’uomo è spietato se vede luccicare qualcosa.

L’attuale nome della Repubblica si deve alla caduta dell’Unione Sovietica, in data 1991. Come molte altre regioni, la Jacuzia ha visto in quel momento di rottura la possibilità di un’indipendenza. La secessione richiesta dai cittadini jakuti, per differenza etnica e non solo, è però stata soffoca dal potere russo che non voleva togliere le mani da quei luoghi dorati. Malgrado la mancata indipendenza, la Repubblica ha comunque una modesta autonomia da Mosca.

Il grande nemico degli ultimi anni però è il riscaldamento globale. I terreni precedentemente congelati si sono fusi e in estate rischiano di far crollare nel fango migliaia di case. I villaggi a nord, invece, sono costantemente sopraffatti dalle inondazioni. Per un popolo che ha sempre fatto di tutto per vivere in armonia con la natura, la situazione peggiora di giorno in giorno, e la questioni riguarda ognuno di noi.

Le scelte singole, quotidiane, apparentemente insignificanti sono decisive.
Un piccolo aiuto significherebbe far parte di quel ghiaccio che non deve sciogliersi.
La lastra glaciale, che è casa e cultura di un intero popolo, è già incrinata; non deve rompersi.
Adesso possiamo e dobbiamo agire tutti, nessuno escluso, per riprenderci l’amore della natura.
Per la terra, per l’uomo, per ogni essere vivente.

Ragazzo Jakuto
Un ragazzo sventola la bandiera della Repubblica Sacha// credits: yakutia-daily.ru

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Immagine in evidenza: Raffigurazione di una Jakuto a cavallo// credits: ArtWizAdelina- Pinterest

Non perderti nemmeno una briciola di bellezza resistente.