Orizzonti vicini: Mapuche

I Mapuche sono strettamente correlati alle loro terre, che da secoli provano a difendere dalle incursioni esterne. Tutt'ora c'è chi tenta di sottrarla.

Mapuche

Onestamente, è difficile poter scrivere parole quando vorresti urlarle il più lontano possibile.
Approdiamo tra le terre di Patagonia e Araucania, nel Sud America di proprietà cilena e argentina. Non a caso ho usato il termine ‘proprietà’, perché nella storia che sto per riportare sarà un concetto fondamentale.

Ma facciamo un passo per volta.

 

Il Popolo della Terra

Nelle valli, accanto ai fiumi e ai laghi, ai piedi di monti e vulcani di questo angolo rigoglioso del mondo, vivono i Mapuche. La loro storia appartiene alla macroarea delle comunità indigene sudamericane, che da secoli cercano di mantenere uno stretto rapporto con la loro terra, sia spirituale che concreto, difendendone i diritti. Non a caso il nome in lingua nativa, il mapudungun, significa ‘Popolo della terra’ (che=”popolo”; mapu=”terra”).

Furono tra i pochi a salvarsi dalle conquiste dell’impero Inca, ma soprattutto a difendersi coraggiosamente all’avvento dei conquistadores spagnoli nel XVI secolo. Le sponde del fiume Bio-Bio funzionarono da riparo naturale, e a seguito dell’indipendenza cilena dalla corona spagnola, alcuni capi Mapuche guidati dal francese Orelie-Antoine de Tounens, proclamarono il Regno di Araucania e Patagonia, proprio tra il Bio-Bio e il Rio Negro. Siamo nel 1860, e i Mapuche hanno già resistito al potere espansionistico più e più volte.
Il XIX e il XX secolo però, hanno insistito con nuove armi, meno da fuoco ma più potenti.

Il governo cileno, con metodi discutibili, riuscì ad internare in un manicomio de Tounens e ad assoggettare i Mapuche entro controllati limiti. Dal secolo scorso quindi, il Popolo della Terra lotta per mantenere salde le proprie radici, contro chi prepotentemente le vorrebbe sradicare a scopi di lucro.

Conosciamoli meglio.

 

Foto storica dei Mapuche
Foto storica di tre donne Mapuche// credits: it.thpanorama.com

Maci e Maci Weye

Praticano una religione spiritistica sul rispetto della madre terra e degli antenati, chiamati pillán. A parte questi, si rende omaggio alle forze della natura, chiamati genericamente Nghen. Inoltre, i Mapuche credono nell’esistenza di un essere superiore che li governa, chiamato Nghenecén. L’influenza del cristianesimo negli anni vicini a noi ha portato dei minimi cambiamenti e misture di fede, ma generalmente i Mapuche rimangono ancorati al loro credo anche grazie alle figure delle “Maci”. Le Maci sono sciamane che svolgono cerimonie per scacciare il male, per la pioggia, per la cura delle malattie, e posseggono una conoscenza estremamente vasta delle erbe medicinali cilene, guadagnata attraverso un duro apprendistato.
Oltre alle sciamane femminili eterosessuali, ci sono sciamani omosessuali “Maci Weye” maschili, che indossano abiti femminili. L’esistenza dei Machi Weye è definita dallo stesso credo dei Mapuche, in quanto gli spiriti sono interessati ai discorsi e alle esibizioni di genere di Maci, non al sesso sotto le loro vesti. È meraviglioso notare che ogni volta che si parla di persone a contatto con la natura, queste non hanno mai quadrate distinzioni di sesso.

 

La leggenda di Cai Cai e Teng Teng

Nella mitologia, un posto notevole occupa la leggenda della creazione della geografia del Cile, denominata “Storia di Cai Cai e Treng Treng“.

In origine esistevano due vipere, una chiamata Cai Cai, che dominava le acque, e l’altra chiamata Ten Ten, che dominava il fuoco. Un giorno Cai Cai si arrabbiò e con la propria coda (che era simile a quella di un pesce) iniziò a colpire le acque, le quali inondarono tutta la regione. Persone ed animali erano nella disperazione totale, dato che ormai quasi non restava terra senz’acqua e le acque non smettevano di crescere. Invocarono allora l’aiuto di Ten Ten, che prese tutti – animali e persone – sul proprio dorso, salvandoli dalla morte. Ma un giorno fu Ten Ten a incollerirsi, con conseguente eruzione di tutti i vulcani assieme, e che in Cile sono effettivamente numerosissimi, sicché la gente fu costretta a scappare verso luoghi più sicuri.

 

Rappresentazione grafica di Cai Cai e Teng Teng
Rappresentazione delle due vipere leggendarie Cai Cai e Teng Teng// credits: blogs.egu.eu

Wiñoy Tripantu

La manifestazione più importante è il “Wiñoy Tripantu”, anche conosciuto come il Capodanno Mapuche. Ha cadenza nel solstizio di giugno (il solstizio d’inverno nell’emisfero australe), il giorno più corto dell’anno, e per i Mapuche è momento di unione e festa. La cerimonia prevede danze, cibo, musiche e offerte a Madre Natura. Viene acceso un grande fuoco che è tenuto ardente fino all’alba del giorno dopo, che fa da sfondo alle poetiche storie dei più anziani atte a tramandare alle nuove generazioni i valori della comunità. Ma la grande forza del Wiñoy Tripantu sta nel concetto della rigenerazione. Questo giorno di festa, è potentemente simbolico, e spiega la grande bellezza del legame tra la natura umana e ancestrale. La rigenerazione infatti, non è solo temporale (da cui, Capodanno) ma anche individuale dell’uomo, e soprattutto della natura. I Mapuche, in questo modo, festeggiano la fine di un ciclo che è inizio di un altro, pronti a nuovi battaglie e nuove opportunità.

 

Protesta Mapuche
Immagini da una protesta Mapuche// credits: impakter.com

I Mapuche oggi

Oggi la comunità Mapuche è suddivisa in legami tra famiglie che formano i “lof”, a cui fa capo il cosiddetto “lonco”. In casi d’emergenza sono frequenti le riunioni di più lof a fronte di un problema comune: l’odierna discriminazione e i continui soprusi che aleggiano nei loro confronti hanno fatto sì che le varie comunità si unissero alla “Organizzazione delle Nazioni e dei Popoli non rappresentati” (per visitare il sito fare click qui -> UNPO) in cerca di riconoscimento e protezione per la loro cultura ed i loro diritti territoriali.

Ed è qui che le parole non bastano, ma servono le voci. La cultura Mapuche non è minacciata solo da un mondo sempre più isolato e razzista. Il grave conflitto che li vede coinvolti e che li rende in pericolo di sopravvivenza è con il sistema delle multinazionali.
Nella fattispecie, una. La Benetton.

 

Disputa contro la Benetton

Nel 1991, la ricca famiglia italiana compra la Compañia de Tierras Sud Argentino S. A., e quindi diventa proprietaria di 900mila ettari di terreno. Si parla di una superficie pari a metà Veneto, per capirci.
Quel terreno è un posto favoloso per i pascoli, e quindi per la produzione di lana, ma innanzitutto è ricchissimo di materie prime. I Benetton si strofinano le mani e ci si fiondano, senza considerare che quelle terre sono abitate. I Mapuche amano ciò che li circonda, ma purtroppo c’è chi con il potere si diverte a distruggere, invece di creare. Si apre un periodo di proteste a viso aperto, contatti e intermediazioni (almeno cercate). Da una parte la Benetton reclama la proprietà del terreno, perché l’ha pagato. Dall’altra i Mapuche ne reclamano la libertà, perché l’hanno vissuto. Negli ultimi anni la voce del Popolo della Terra è perennemente velata e offuscata dal duro mondo dei media, che ghettizza quella parte del giornalismo che prova a fare il suo lavoro e dà risonanza alle lievi voci di chi soffre. Si sente troppo poco parlare dei Mapuche, che si vedono portare via la terra da sotto i piedi e sono ancora lì a cercare di farsi sentire.

La contesa Benetton–Mapuche ha avuto il momento più drammatico con la violenta cacciata da parte della Gendarmeria della famiglia mapuche Curiñanco dall’Estancia Santa Rosa, dove si erano stabiliti nel 2002 avvisando il commissariato locale e avvalendosi del diritto ancestrale. Qui iniziano ad allevare bestiame, creano un sistema di irrigazione e risistemano lo steccato. Risultato: dopo la causa perduta in tribunale nonostante le leggi che avrebbero potuto tutelarli, il 2 ottobre del 2003 i coniugi con i figli vengono sgomberati dagli agenti della gendarmeria, intervenuti a seguito di una denuncia da parte di Benetton. I campi e la casa distrutti, gli animali uccisi e le persone trascinate per i capelli.

Ma si è arrivati anche a dover seppellire queste voci. Dati alla mano, si parla di fatti surreali.

Santiago Maldonado scompare nel 2017 e il suo corpo viene ritrovato senza vita otto mesi dopo; la sua colpa era quella di sostenere i Mapuche. Camilo Catrillanco, un giovane mapuche di 24 anni, viene disumanamente ucciso dai Carabinieros de Chile il 14 novembre 2018, mentre lavorava la terra alla guida di un trattore.

E la lista potrebbe andare avanti.

 

Con Aware ci aggiungiamo all’immortale voce della libertà. Il grido Mapuche, sostenuto dalla forza inesorabile della terra che li anima, deve arrivare a chi ancora non conosce la loro storia. Anche se è difficile difendersi dall’attacco di chi ha l’abilità di smuovere mari e monti, non è impossibile.
Mari, monti, terra e natura, sono imprevedibili, e sono sicuro tifino Mapuche.

 

Rivolte Mapuche
Foto di Mapuche durante una protesta// credits: comitatocarlosfonseca.noblogs.org

 

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