Orizzonti vicini: Navajo

La libertà della natura convive nelle riserve Navajo, che nel sud-est degli Stati Uniti portano avanti una storia leggendaria.

Canto della Notte

“Con il cuore colmo di vita e di amore camminerò.
Felice seguirò la mia strada.
Felice invocherò le grandi nuvole cariche d’acqua.
Felice invocherò la pioggia che placa la sete.
Felice invocherò i germogli sulle piante.
Felice invocherò polline in abbondanza.
Felice invocherò una coperta di rugiada.
Voglio muovermi nella bellezza e nell’armonia.
La bellezza e l’armonia siano davanti a me.
La bellezza e l’armonia siano dietro di me.
La bellezza e l’armonia siano sotto di me.
La bellezza e l’armonia siano sopra di me.
Che la bellezza e l’armonia siano ovunque,
sul mio cammino.
Nella bellezza e nell’armonia tutto si compie.” 

Non si può imbrigliare il vento!

Equilibrio e armonia sono concetti ben radicati nello stile di vita degli indiani Navajo, e questo canto che rivolgono in onore della natura e della vita ne è fascinosa prova.

Storia Navajo

Popolo seminomade di agricoltori e allevatori, arrivarono intorno al 1500 ad occupare i territori americani del Colorado, New Mexico e Arizona. Si distinsero tra le tribù native americane proprio per la loro abilità di coltivatori, e non come società di guerrieri, contrariamente a quanto si racconta nell’epopea western. Similarmente agli Apache, infatti, i Navajo non avevano il culto della guerra e del coraggio: i fatti di guerra consistevano in realtà in razzie e azioni di guerriglia tese a sfuggire alle rappresaglie degli Europei.

Con la creazione degli Stati Uniti d’America e la successiva guerra di secessione, i Navajo furono confinati in una riserva a Bosque Redondo, New Mexico, dal governo statunitense che aveva il fine di assicurarsi l’appoggio dello stato che confina col Messico. L’operazione di confinamento doveva svolgersi in maniera pacifica e diplomatica, tuttavia la dispersione delle varie tribù dislocate rese impossibili le trattative, che sfociarono in una guerra di quasi un anno (1863-1864). Il bollettino fu una tragedia: oltre 1000 caduti, 8000 deportati a forza verso Bosque Redondo in una marcia di circa 300 miglia, dove i più deboli persero la vita.

Il confinamento, durato quasi 5 anni, è la pagina più nera della storia Navajo, a causa del territorio malsano e quasi privo di vegetazione che non permise un sufficiente lavoro agricolo.

Navajo Nation

Il trattato del 1868 tra il governo e i Navajo sancì i confini di una nuova riserva a cavallo fra Arizona, New Mexico e Utah, che ancora oggi è casa e vita del popolo nativo: la Navajo Nation, 71.000 km² di superficie conta 180.462 abitanti, ed è suddivisa in cinque agenzie corrisposte al BIA (Bureau of Indian Affairs) del Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti. Ogni agenzia è a sua volta suddivisa in Chapter House (Capitoli), simili a contee; la più piccola entità amministrativa Navajo.

 

Narbona, della tribù Navajo
Narbona della tribù Navajo, in una foto di fine Ottocento// credits: Pinterest

Diné 

La lingua usata è fatta di rimandi naturalistici e simbolici, che creano epiteti strettamente connessi alla terra e al creato. Non c’è da stupirsi, quindi, se nel dialetto tradizionale, Navajo significa ‘Campo coltivato in un piccolo corso d’acqua’. Anche se, tra di loro, preferiscono definirsi Diné (talvolta citato Dineh) che significa ‘il popolo’. La parlata Navajo si foggiò di una particolare menzione di merito durante la seconda guerra mondiale: fu usata come codice di comunicazione dall’esercito americano contro i giapponesi, che non riuscirono mai a decodificare.

Estsanatlehi e il ‘Rito della Pubertà’

Se la lingua crea legami col mondo della natura, la religione ne è totalmente coinvolta. A differenza delle discipline occidentali, infatti, l’immaginario metafisico Navajo non è rivolto verso l’alto, bensì verso il basso. Così acquistano spiritualità gli ambienti in cui l’individuo si muove ogni giorno, come per esempio le montagne, di notevole importanza nel culto Navajo.

Nell’Olimpo dei nativi, tra le varie figure, spicca Estsanatlehi (tradotto in ‘Donna che si rinnova’ o anche ‘Donna della conchiglia’) considerata la “Madre di tutti”. Si pensa abbia contribuito alla creazione del cielo e della terra, e la sua particolare abilità nel rinnovarsi (che la rende la divinità della natura), quattro volte all’anno, dà vita alle stagioni. È conseguenziale, unendo le parole ‘donna’, ‘natura’, ‘rinnovamento’, che ad Estsanatlehi è dedicato un rito fondamentale nella vita di un Navajo: il rito della pubertà.

Quattro giorni di racconti, danze, festeggiamenti e riti magici. Lo sciamano della tribù invoca la divinità per rendere feconda la ragazza; se le preghiere vengono ascoltate, lo spirito di Estsanatlehi si impossessa della giovane ormai donna, che per il periodo della festa diventa incarnazione della dea.

Tra i rituali svolti, significativo quello che prevede la preparazione di un amuleto magico, che va a raccogliere i poteri della divinità e, custodito, può essere utilizzato all’occorrenza.

Dea Estsanatlehi
Raffigurazione della Dea Estsanatlehi// credits: The Book of Goddesses di Kris Waldherr

Navajo oggi

Ai giorni nostri, i Navajo promuovono l’arte indiana che sta vivendo una vera e propria rinascita. I mercati hanno dato campo alle abilità tessili e artigianali di un popolo che fa del tramandare un vero e proprio mestiere. Enorme successo tra collezionisti e turisti, la caratteristica oggettistica Navajo (e indiana in generale) che racchiude secoli di storie e leggende. Alcuni nativi sono riusciti a migliorare il tenore di vita sfruttando le fonti naturali della terra, ma la maggior parte conduce ancora una vita semplice, nell’isolamento delle riserve.

L’avvento della società mondiale ha portato una piccola percentuale di Navajo ad integrarsi nell’occidente grazie all’istruzione, ed il fatto è in costante aumento, ma non significa che ciò è obiettivo comune tra i nativi. Infatti moltissimi si aggrappano alle sicurezze delle riserve, sperando di ottenere l’istruzione e l’assistenza necessaria per sviluppare risorse dalle loro terre e diventare sempre più autosufficienti. Sono un popolo molto orgoglioso della propria storia e del loro patrimonio culturale, ma capiscono anche che i loro standard di vita devono essere migliorati; è questo che li ha condotti ad accordi col governo americano che si basano su programmi di educazione, servizi sanitari e formazione professionale.

Donna Navajo
Donna Navajo in posa con le vesti tradizionali// credits: Gnome INC Prints

L’Uomo è Natura

Mantenendo la passione per i propri valori, i Navajo si sono adattati al progresso dell’ultimo secolo organizzandosi in una struttura sociale autonoma e ben definita: una nazione all’interno di una nazione.

Ma ciò che colpisce e rimane, di un popolo del genere, sono le simbiosi che riesce a creare.

Sia gli uni con gli altri, in un condiviso senso di libertà e comunità, esplicitato da un loro detto:

“Un solo dito non può sollevare un masso”

 

Sia con la natura, in una sintonia armonica di equilibrio e vita.

In una società soffocata da danni ambientali, disastri ecologici e uso spasmodico della tecnologia, lo stile di vita dei nativi americani potrebbe servire come modello per la sopravvivenza.

Vi lascio con un altro proverbio Navajo, che esprime meglio di tante parole il senso dei miei articoli.

“Se il Grande Spirito avesse voluto che noi vivessimo sempre nello stesso posto, avrebbe lasciato fermo il mondo”

Per maggiori informazioni sui Navajo vi rimando al sito ufficiale (eng) -> navajo-nsn.gov

Cascate Navajo
Cascate Navajo in Arizona// credits: Arun Sundar – Flickr.com

Immagine in evidenza: foto panoramica nella Navajo Nation// credits: viator.com

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Non perderti nemmeno una briciola di bellezza resistente.