Cile, dalla piazza gremita una lezione di democrazia

– di Désirée Barra

 
Una testimonianza direttamente da Santiago del Cile sulle conquiste, le delusioni e la rabbia di una piazza che in poche settimane è stata capace di stravolgere gli equilibri sociali e politici dell’intero paese. Dati, aggiornamenti, previsioni: ecco un nuovo spunto per riflettere sul reale potere del popolo quando unito da un ideale democratico..

Dopo giorni di fuoco, martedì 22 ottobre il presidente del Cile Sebastián Piñera, in un intervento pubblico, ha chiesto scusa al popolo cileno, per la mancanza di comprensione delle necessità emerse nelle manifestazioni massive ed ha proposto una nuova agenda sociale con i seguenti obiettivi:

> aumento delle pensioni (nel sistema dell’AFP)

> creazione di un’assicurazione che copra parte delle spese mediche delle famiglie cilene e rendere più accessibile la salute ed i medicinali

> creazione d’un reddito minimo garantito di 350.000 pesos (circa 437 euro) per tutti i lavoratori a tempo pieno che integri lo stipendio di un lavoratore a tempo pieno quando esso sia inferiore a 350.000 pesos: ricordiamo che il salario minimo mensile per legge è, ad oggi, di 301.000 pesos (circa 376 euro)

> annullamento dell’ultimo aumento del 9,2% dell’elettricità, facendo calare il valore della tassa al livello del primo semestre dell’anno

> creazione d’un nuovo ramo tributario nella tassa globale supplementare del 40%, per redditi superiori a 8 milioni (circa 10.000 euro) al mese, che aumenterà la riscossione delle imposte di 160 milioni di dollari

> creazione dell’incarico giuridico del difensore d’ufficio

> rafforzamento del Fondo comune municipale, stabilendo maggiori contributi da parte dei comuni ad alto reddito, a beneficio dei comuni a basso reddito (la disuguaglianza sociale tra municipalità, in particolar modo a Santiago, è un elemento molto radicato)

> riduzione dell’indennità parlamentare (oggi approvata alla Camera dei Deputati) e d’altri salari della pubblica amministrazione

> priorizzazione, da parte del Congresso, di alcuni progetti di legge quali quello Pro-Infanzia, il progetto che crea l’assicurazione sanitaria in caso di catastrofe, il progetto che riconosce come diritto il servizio di Sala Cuna Universal (per bambini neonati non ancora ammissibili all’asilo) per tutti i figli di genitori lavoratori cileni ed il progetto che stabilisce la riduzione dei contributi delle persone anziane più vulnerabili

> esecuzione d’un piano di ricostruzione delle infrastrutture pubbliche nei quali verranno investiti più di 350 milioni di dollari.

Cile, manifestanti in strada a Santiago.

Tali risposte, indubbiamente, sono state ritenute insufficienti dal popolo cileno, che ha continuato a richiedere la dimissione di Sebastián Piñera e dei suoi ministri, in particolar modo di quella di Andrés Chadwick, Ministro degli Interni, soprattutto in seguito di tutti gli incidenti che hanno coinvolto le forze dell’ordine dalla prima settimana di protesta.

Domenica 27 ottobre l’attuale presidente di centro-destra ha rispettato l’impegno preso di fronte al popolo cileno il giorno precedente, firmando i decreti necessari affinché cessasse lo stato d’emergenza nelle varie regioni cilene che, da ormai una settimana, vedevano le loro principali città assediate dai militari e regolate da coprifuochi notturni, giornalmente annunciati.

Le motivazioni di questa ‘tregua’ sono sicuramente diverse: la pacificità della “marcha mas grande de Chile” (più di un milione di persone), tenutasi venerdì 25 in Plaza Italia; le numerose denunce di violazione dei diritti umani da parte dell’esercito nei confronti dei protestanti; il trauma vissuto da molti cileni nel far fronte al primo stato d’emergenza dalla fine della dittatura di Augusto Pinochet (1073-1990); il clima di rivolta sociale insito al conflitto tra forze armate, politiche e popolo. Potrebbe forse aver influito la paura dell’arrivo in paese degli ispettori della commissione dei diritti umani dell’ONU, previsto per lunedì 28 ottobre ma ad oggi ancora non avvenuto.

Tale commissione dovrebbe visitare differenti città cilene, incontrare cariche del governo, rappresentanti della società civile, vittime, istituzioni nazionali che lavorano con i diritti umani ed altre entità per raccogliere le informazioni in maniera diretta, come dichiarato dalla portavoce dell’Ufficio dell’ONU per i diritti umani, Ravina Shamdasani. Ella stessa ha spiegato che la commissione agirà su richiesta di un gruppo di parlamentari ed invito del Governo e sarà composta da tre esperti che agiranno, in loco, fino al 22 novembre 2019.

Ad oggi i dati diffusi dalle testate giornalistiche ed associazioni sono diversi e sembrano non raccontare la verità fino in fondo: secondo ciò che ha confermato l’Istituto Nazionale dei Diritti Umani cileno (INDH), dal 17 ottobre a lunedì 28 ottobre sono state sollevate 120 azioni legali dalla stessa organizzazione. Di queste cause, 76 riguardano reati di tortura, 18 la violenza sessuale e 5 l’omicidio (sebbene i morti siano più di 20, secondo molte testate). Sempre secondo l’INDH si registrano, ad oggi, almeno 1.132 feriti, dei quali 295 a causa di colpi di perdigones e 38 a causa di colpi da proiettile (T13). Sono molti anche i traumi oculari: articoli scientifici parlano di più di 100 casi gravi. Ciononostante la sensazione, interfacciandosi ogni giorno con video ed articoli che arrivano dal web e dalle reti sociali, è che tutti questi dati non siano allarmanti quanto la realtà.

Il fine settimana è stato segnato da marce e manifestazioni pacifiche, concerti ed opere artistiche eseguite all’insegna delle richieste del popolo cileno: le dimissioni del presidente cileno, un’assemblea costituente per una nuova Costituzione, il cambiamento d’un modello politico che apre sempre di più la forbice tra redditi alti e bassi. Purtroppo la settimana è iniziata con il triste presentimento che non sia cambiato molto: alle grandi marce, che vengono autoconvocate ogni giorno attraverso Whatsapp, Instragram ed altre reti sociali, persistono le repressioni dei carabinieri, con proiettili di gomma e gas lacrimogeni. La sera gli autobus cessano il loro servizio alle ore 21 circa e le metro stanno lentamente riaprendo alcune linee ed alcune fermate, ma solo fino alle ore 20, rendendo la mobilità un tema delicato: il coprifuoco non c’è più, ma ancora si sente.

Santiago del Cile - proteste
Santiago del Cile, continuano le proteste dei manifestanti

Lunedì 28 ottobre è stata apparentemente accontentata una richiesta: otto dei principali ministri del governo sono stati sostituiti da altri politici; tra questi, Gonzalo Blumel ha preso il posto del Ministro degli Interni Andrés Chadwick. La popolazione non sembra aver accolto la notizia con entusiasmo, perché il cambiamento che viene reclamato è molto più radicale e richiederebbe, oltre ad una nuovo programma sociale, anche un nuovo presidente e nuove politiche; come spesso emerge dai cartelli che sfilano in questi giorni tra le mani dei manifestanti, «non sono i trenta pesos della metro, ma i trent’anni di abusi».

Nel frattempo Sebastián Piñera annuncia la cancellazione del prossimo incontro APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation) e della COP 25, l’incontro mondiale delle Nazioni Unite a riguardo dei cambiamenti climatici che si sarebbe dovuto tenere tra il 2 e 12 dicembre di questo anno in Cile a causa del clima sociale e politico del paese.

Con firme del DC (Partito Democratico Cristiano) e del Fronte Ampio, la opposizione concretizza, il giorno 30 ottobre, la presentazione dell’accusa costituzionale contro l’ex Ministro degli Interni Andrés Chadwick: l’accusa è d’aver infranto la legge Costituzionale non avendo adottato misure necessarie ad evitare la violazione di diritti.

Migliaia di persone continuano a incontrarsi, cantano, suonano, partecipano ad eventi pubblici nei quali ci si sente parte di qualcosa di più grande, un popolo che non si sente rappresentato, ma che sta trovando la forza nel riscoprire che un progetto politico non può essere imposto, che il rappresentate deve essere legato al rappresentato, che, nonostante i fantasmi rievocati e gli abusi perpetrati, questa non è una dittatura, e il popolo ha il diritto di votare e di protestare. La riacquistata consapevolezza d’essere parte di questo grande processo dovrà fare in modo, in futuro, che non sia necessario arrivare più a questo punto.

 

Fonti: CNN CILE, Cooperatoiva.cl (giornale cileno), Sputnik, La Tercera.

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