Danzare l’anima libera: la scintilla guerriera di Dorine Mokha

Il ricordo di Dorine Mokha, ballerino, musicista, coreografo, scenografo e attivista LGBTQ+ che ha rivoluzionato l'arte sociale congolese.

Dorine Mokha è stato un ballerino, musicista, coreografo, scenografo e attivista per i diritti LGBTQ+ che ha rivoluzionato l’arte sociale congolese. A meno di una settimana dalla sua misteriosa scomparsa a Lubumbashi (RDC), Guglielmo ne ricorda il coraggio e la grazia. Per lui, quello con Dorine è stato un incontro capace di aprire lo sguardo sulla tragedia controversa di un paese e di un intero spicchio di umanità. 

[*Traduction française disponible ci-dessous]

Sono in Congo da quattro mesi e comincio a cullare la presunzione di conoscere alcune delle venature più profonde che si nascondono dietro alla crosta di vivace esuberanza quotidiana.

Vivere questa terra è un po’ come galleggiare su un tappeto d’acqua senza spiaggia.

Proprio quando la quiete della superficie sembra svelare il cuore calmo dell’abisso, ecco arrivare un’onda senza nome a smuovere le viscere e dare anima al caos.

È un instancabile alternarsi di sensazioni; una giostra di attrazione e desolazione, di unione e fine, di vita e silenzio. Al centro resiste solo l’incrollabile fede verso un domani che pare messo lì più per dare senso e speranza dell’incomprensibile presente che per una concreta percezione del tempo.

In questo mare energico e aggrovigliato, a volte, fioriscono talenti capaci di farsene portavoce.

Sono scintille di parole e colori che attraverso l’arte rendono la forma di un disegno inestricabile.

Sono storie che rappresentano il volto eterno di un paese in cui l’intero pianeta sembra aver riassunto i propri ossimori.

Una di queste scintille si chiama Dorine Mokha.

Dorine Mokha, artista congolese universale.
Dorine Mokha, artista congolese universale (Lubumbashi, 1989-2021)

Dorine è stata la prima persona che mi ha mostrato uno sguardo delicato e critico sull’oceano violento della vita congolese.

Ci siamo conosciuti alla fine di un suo spettacolo. Aveva appena raccontato in musica e danza le atroci malefatte di un mostro dello sfruttamento minerario chiamato Glencore, multinazionale svizzera che da decenni svuota il ventre ricco del Katanga nel totale spregio dei diritti di chi ci vive.

Ricordo che appena chiuso il sipario, prima dell’inizio di un applauso incerto, nella sala è aleggiato per qualche secondo un silenzio nervoso.

Mai prima avevo trovato qualcunə capace di fare arte sociale, di denunciare, di gridare l’ingiustizia in una città dove il vociare smodato nasconde continuamente il brusio calmo della verità. Il tutto con un tocco armonioso, una voce delicata, un velo di ispirata leggerezza nei movimenti.

Subito dopo le presentazioni e i complimenti non resistetti dal chiedergli dove e come avesse trovato le fonti per un lavoro di denuncia così duro e lucido. Mi rispose con un sorriso largo, senza enfasi, come si risponde ai bambini, che aveva fatto ricerche, che la verità va ricercata sempre, anche in un paese come il suo, e che non bisogna avere paura di andare in fondo alle cose.

Ne rimasi turbato; non ero abituato a parole tanto semplici ed allo stesso tempo consapevoli. Almeno non qui.

Mi ci sono volute diverse serate insieme, al tempo di racconti poetici e spiegazioni storiche, per scoprire quanta riflessione ci fosse dietro a quelle poche sillabe.

Dorine Mokha, oltre che incredibile artista, è stato un grande filantropo e attivista nella lotta contro l'abbandono dei minori.
Dorine Mokha, oltre che incredibile artista, è stato un grande filantropo e attivista nella lotta contro l’abbandono dei minori.

Nella sua carriera, Dorine ha fatto della danza un foglio bianco su cui tratteggiare il nome evanescente della libertà.

Ha disegnato la libertà del proprio corpo, in un paese dove dietro alla gestualità smodata si nasconde una morale bigotta fino alla paralisi.

Ha disegnato la libertà del proprio amore, rappresentando la gioia naturale dell’omosessualità lì dove la si definisce come bestialità.

Ha disegnato la rabbia per l’ingiustizia, quando tutto attorno suggerisce l’accettazione indolente di una oppressione lunga secoli.

Dorine ha fatto del suo corpo lo strumento di una lotta eterna e solitaria, accesa da una profonda e leggera curiosità per ciò che è vero. Ha dato un nome a quel mare disastrato in cui è nato e che non ha mai voluto abbandonare, nonostante i numerosi inviti a rifugiarsi all’estero per sopravvivere alle persecuzioni derivanti dai suoi lavori.

Dorine Mokha durante uno shooting a Parigi per rivendicare la libertà sul proprio corpo. Dorine è stato un grande attivista per i diritti LGBTQ+ in Congo (RD).
Dorine Mokha durante uno shooting a Parigi, pensato e creato come rivendicazione di una nuova la libertà sul proprio corpo. Dorine è stato un grande attivista per i diritti LGBTQ+ in Congo (RD).

Da qualche giorno, Dorine non c’è più.

L’oceano che ha raccontato per una vita lo ha travolto senza una spiegazione, d’improvviso, lasciandosi dietro l’eco di lotte ancora vive.

Nel silenzio di una fine irragionevole, vuota e misteriosa come la storia che l’ha vista passare, balena la certezza di aver avuto la fortuna di cogliere, almeno per qualche istante, una scintilla capace di farsi mare.

Ai miei occhi la danza di Dorine resterà l’immagine più limpida di questa terra notturna.

La speranza è che agli occhi del mondo attorno la sua ricerca senza paura lasci in eredità l’arte della curiosità e la leggerezza dello sguardo profondo.

E che sia la pietra su cui costruire un presente finalmente libero dalla speranza necessaria del domani.

Bayo Dorine!

 

[Estratto dalla sua opera “L’Ercole di Lubumbashi”, denuncia aperta contro le violazioni dei diritti umani perpetrati dalla multinazionale Glencore nel Katanga].

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? Traduction française disponible ci-dessous.

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Danser l’âme libre: l’étincelle guerrière de Dorine Mokha

Dorine Mokha était une danseuse, musicienne, chorégraphe, scénographe et militante des droits LGBTQ + qui a révolutionné l’art social congolais. Moins d’une semaine après sa mystérieuse disparition à Lubumbashi (RDC), Guglielmo se souvient de son courage et de sa grâce. Pour lui, celui avec Dorine était une rencontre capable d’ouvrir le regard sur la tragédie controversée d’un pays et de toute une partie de l’humanité.

Je suis au Congo depuis quatre mois et je commence à entretenir la présomption de connaître certaines des veines les plus profondes qui se cachent derrière la croûte d’animée exubérance quotidienne.

Vivre cette terre, c’est un peu comme flotter sur un tapis d’eau sans plage.

Juste au moment où l’immobilité de la surface semble révéler le cœur calme de l’abîme, une vague sans nom arrive pour remuer les entrailles et donner une âme au chaos.

C’est une alternance inlassable de sensations; un carrousel d’attraction et de désolation, d’union et de fin, de vie et de silence. Au centre résiste seulement à la foi inébranlable en un demain qui semble être placé là plus pour donner sens et espoir à l’incompréhensible présent que pour une perception concrète du temps.

Dans cette mer énergique et enchevêtrée, fleurissent parfois des talents capables de les exprimer.

Ce sont des étincelles de mots et de couleurs qui, à travers l’art, rendent inextricable la forme d’un dessin.

Ce sont des histoires qui représentent le visage éternel d’un pays où la planète entière semble avoir résumé ses oxymores.

L’une de ces étincelles s’appelle Dorine Mokha.

Dorine a été la première personne à me montrer un regard délicat et critique sur l’océan violent de la vie congolaise.

Nous nous sommes rencontrés à la fin de l’un de ses spectacles. Il venait de raconter en musique et en danse les méfaits atroces d’un monstre de l’exploitation minière appelé Glencore, une multinationale suisse qui depuis des décennies a vidé le riche ventre du Katanga au mépris total des droits de ceux qui y vivent.

Je me souviens que dès que le rideau s’est fermé, avant le début d’un applaudissement incertain, un silence nerveux a plané dans la salle pendant quelques secondes.

Jamais auparavant je n’avais trouvé quelqu’un capable de faire de l’art social, de dénoncer, de crier l’injustice dans une ville où les cris immodérés cachent continuellement le bourdonnement calme de la vérité. Le tout avec une touche harmonieuse, une voix délicate, un voile de légèreté inspirée dans les mouvements.

Immédiatement après les présentations et les compliments, je n’ai pas pu résister à lui demander où et comment il avait trouvé les sources d’un travail de dénonciation aussi dur et lucide. Il a répondu avec un large sourire, sans emphase, comme on répond aux enfants, qu’il avait fait des recherches, qu’il fallait toujours chercher la vérité, même dans un pays comme le sien, et qu’il ne fallait pas avoir peur d’aller au fond des choses.

J’étais troublé; Je n’étais pas habitué à des mots aussi simples et en même temps conscients. Du moins pas ici.

Il m’a fallu plusieurs soirées ensemble, à l’occasion d’histoires poétiques et d’explications historiques, pour découvrir combien il y avait de réflexion derrière ces quelques syllabes.

Dans sa carrière, Dorine a fait de la danse une feuille blanche sur laquelle esquisser le nom évanescent de la liberté.

Il a conçu la liberté de son propre corps, dans un pays où derrière les gestes excessifs se cache une morale fanatique au point de paralyser.

Il a dessiné la liberté de son propre amour, représentant la joie naturelle de l’homosexualité où elle est définie comme la bestialité.

Il a attiré la colère face à l’injustice, quand tout autour de lui suggère l’acceptation indolente de siècles d’oppression.

Dorine a fait de son corps l’instrument d’une lutte éternelle et solitaire, enflammée par une curiosité profonde et légère pour ce qui est vrai. Il a donné un nom à cette mer désastreuse dans laquelle il est né et qu’il n’a jamais voulu quitter, malgré de nombreuses invitations à se réfugier à l’étranger pour survivre aux persécutions résultant de ses œuvres.

Depuis quelques jours, Dorine est partie.

L’océan qu’il a raconté toute une vie l’a submergé sans explication, tout d’un coup, laissant derrière lui l’écho de luttes encore vivantes.

Dans le silence d’une fin déraisonnable, vide et mystérieuse comme l’histoire qui l’a vue passer, la certitude d’avoir eu la chance d’attraper, au moins pour quelques instants, une étincelle capable de devenir mer jaillit.

A mes yeux, la danse de Dorine restera l’image la plus claire de cette terre nocturne.

L’espoir est qu’aux yeux du monde autour de sa recherche intrépide, il laissera en héritage l’art de la curiosité et la légèreté d’un regard profond.

Et que ce soit la pierre sur laquelle bâtir un cadeau enfin libéré de l’espoir nécessaire de demain.

Bayo Dorine!

Non perderti nemmeno una briciola di bellezza resistente.