Società machista e violenza di genere in Bolivia

La Bolivia è uno dei paesi sudamericani con il più alto tasso di violenza sulle donne. In questo elaborato, Monica, Antonella, Nicolò e Guglielmo, volontari a La Paz per l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, analizzano il contesto sociale e il problema della violenza di genere nel paese andino, ricercando soluzioni che ne arginino la tragica diffusione.

 

«In America Latina, la Bolivia è uno dei paesi con maggior numero di femminicidi», afferma Cecilia Enriquez, direttrice del programma sulla violenza contro le donne dell’ONU. Secondo i dati dell’Observatorio de Exigibilidad de los Derechos de las mujeres nello stato andino, solo nel bimestre gennaio-febbraio del 2019, 80 donne sono state vittime di femminicidio, 109 nell’arco del 2017, ogni giorno in media 13 donne sono vittima di reati a sfondo sessuale e in totale il 10% ha subito violenza sessuale, mentre la metà della popolazione femminile ha subito violenze di tipo psicologico per mano di uomini.

Nonostante la legislazione del paese preveda numerosi strumenti di tutela, le statistiche mostrano che in Bolivia persiste una grave violazione dei diritti delle donne. Questa situazione deriva da molteplici fattori, non ultimo una visione culturale particolarmente incentrata sul ruolo maschile, condizioni economiche e sociali che non permettono una piena consapevolezza sulla parità dei generi e un sistema di tutele sostanziali pressoché assente.

Nella prima parte dell’elaborato definiremo i concetti di violenza contro le donne e femminicidio, contestualizzati all’interno del tessuto sociale boliviano. Successivamente, presenteremo gli attori coinvolti all’interno del conflitto, descrivendo il ruolo e le modalità in cui contribuiscono alla perpetrazione del fenomeno. Infine, proporremo potenziali strumenti volti alla soluzione del conflitto in essere. Durante lo svolgimento faremo inoltre riferimento a diverse fonti istituzionali e non al fine di supportare la veridicità ed entità del problema.

DEFINIZIONI

La legge n. 348 del 2013 “Integrale per garantire alle donne una vita libera dalla violenza” definisce 16 tipi di violenza:

Violenza fisica: è qualsiasi azione che provoca lesioni e/o danni fisici, interni, esterni o entrambi, temporanei o permanenti, che si manifesta immediatamente o a lungo termine, utilizzando o meno l’uso di forza fisica, armi o altri mezzi.

Violenza femminicida o femminicidio: è l’atto di estrema violenza che viola il diritto fondamentale alla vita e causa la morte delle donne in quanto donne.

Violenza psicologica: è l’insieme di azioni sistematiche di svalutazione, intimidazione e controllo del comportamento e decisioni delle donne, che hanno come conseguenza la diminuzione della loro autostima, depressione, instabilità psicologica, disorientamento e persino suicidio.

Violenza mediatica: è quella prodotta dai mass media attraverso pubblicazioni, diffusione di messaggi e immagini stereotipati che promuovono la sottomissione e/o lo sfruttamento delle donne, che insultano, diffamano, discriminano, disonorano, umiliano o minano la loro dignità, il loro nome e la loro immagine.

Violenza simbolica: sono i messaggi, i valori, i simboli, le icone, i segni e le convinzioni sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che impongono, riproducono e consolidano le relazioni di dominio, esclusione, disuguaglianza e discriminazione, naturalizzando la subordinazione delle donne.

Violenza contro dignità, onore e nome: è qualsiasi espressione verbale o scritta di offesa, insulto, diffamazione, calunnia, minaccia o altro, di parte o pubblica, che screditi, squalifichi, svaluti, degradi o influisca sul nome, la dignità, l’onore e la reputazione della donna.

Violenza sessuale: è tutto un comportamento che mette a rischio l’autodeterminazione sessuale, sia nell’atto sessuale che in qualsiasi forma di contatto, genitale o non genitale, che minaccia, viola o limita il diritto di esercitare una vita sessuale sicura, efficace, libera, piena, con autonomia e libertà sessuale delle donne.

Violenza contro i diritti riproduttivi: è l’azione o l’omissione che impedisce, limita o viola il diritto delle donne a ottenere informazioni, orientamento, cure e trattamenti completi durante la gravidanza o l’aborto, il parto, il puerperio e l’allattamento; inoltre è l’azione che limita, impedisce, viola il diritto decidere liberamente e responsabilmente il numero di figlie e figli, di esercitare una maternità sicura e avere accesso a metodi contraccettivi.

Violenza nei servizi sanitari: è qualsiasi azione discriminante, umiliante e disumanizzante che omette, nega o limita l’accesso a cure efficaci e immediate e informazioni tempestive da parte del personale sanitario, mettendo a rischio la vita e la salute delle donne.

Violenza patrimoniale ed economica: è qualsiasi azione o omissione che influisce sulle proprietà delle donne, provocando danni o svalutazione dei loro beni, valori o risorse; controlla o limita il loro reddito economico o le priva dei mezzi indispensabili per vivere.

Violenza sul lavoro: è qualsiasi azione che si verifichi in qualsiasi campo di lavoro da qualsiasi persona di gerarchia superiore, uguale o inferiore, che discrimina, umilia, minaccia o intimidisce le donne, che ostacola o subordina l’accesso al lavoro e la permanenza in esso.

Violenza nel sistema educativo plurinazionale: è qualsiasi aggressione fisica, psicologica o sessuale commessa contro le donne nel sistema di istruzione regolare, alternativo, speciale e superiore.

Violenza nell’esercizio politico e di leadership delle donne: comprende quanto stabilito dall’articolo 7 della legge 243, contro le molestie e la violenza politica contro le donne.

Violenza istituzionale: è qualsiasi azione od omissione di dipendenti pubblici o del personale di istituzioni private, che implica un’azione discriminatoria, pregiudizievole, umiliante e disumanizzante che ritarda, ostacola, altera o nega l’accesso delle donne e l’attenzione al servizio da esse richiesto.

Violenza in famiglia: è qualsiasi assalto fisico, psicologico o sessuale commesso nei confronti della donna dal coniuge o ex-coniuge, convivente o ex convivente, o dalla loro famiglia, discendenti, sorelle, fratelli, parenti civili o affini in linea diretta e collaterale, tutor o custodi o operatori sanitari.

Violenza contro i diritti e la libertà sessuale: è qualsiasi azione o omissione che impedisce o limita l’esercizio dei diritti delle donne di godere di una vita sessuale libera, sicura, emotiva e piena o che viola la loro libertà di scelta sessuale.

Il sistema di pene previsto è estremamente puntuale e severo. Ad esempio il crimine del femminicidio (art. 252 bis c.p.) è punito con una pena di 30 anni senza il diritto di amnistia. Tuttavia, allo stato attuale, la legge non trova applicazione e, come dimostrano i dati presentati in incipit, si registrano tassi di violenza tra i più elevati nel continente sudamericano.

Violenza sulle donne in Bolivia
Un bambino guarda la macchina fotografica con sguardo sorpreso presso la feria di El Alto.

ATTORI COINVOLTI

Abbiamo individuato sei attori coinvolti all’interno del conflitto.

Politici: Solo il 10% dei ruoli ministeriali sono ricoperti da donne. Nonostante la legislazione sia in linea con gli standard internazionali, si ravvede un pressoché totale disinteresse da parte della classe politica nell’attuarne le previsioni. Lo stesso presidente in carica Evo Morales è stato accusato dalle agenzie locali delle Nazioni Unite di aver posto in essere condotte discriminatorie e aver utilizzato linguaggi sessisti nei confronti delle ministre del proprio governo. Inoltre, la politica vigente a supporto delle minoranze etnico-culturali native promuove uno stereotipo di famiglia estremamente patriarcale, nel quale la donna lavora sia dentro le mura di casa che fuori, occupandosi del lavoro di cura e di quello di produzione.

Società civile maschile: Vi è una costante e continuativa violenza da parte della figura maschile nei confronti delle donne. Molto spesso queste dinamiche avvengono all’interno delle stesse famiglie, dove il marito attua condotte di violenza sessuale, psicologica e fisica. Una tra le principali testate nazionali di informazione riporta il terribile dato del Ministero della Salute: ogni tre ore, in Bolivia una bambina minore di 14 anni rimane incinta a causa di violenze sessuali subite da parte dello zio, del nonno, del padre. Alla base di questo conflitto vi è sicuramente una coscienza machista, il cui quadro spesso è aggravato da uno status sociale economicamente e socialmente precario, alcolismo, disagio psichico, dipendenza da sostanze stupefacenti.

Società civile femminile: Dall’analisi dei dati emerge una profonda sfiducia da parte delle donne nel rivolgersi al sistema giudiziario per rivendicare i propri diritti o ottenere giustizia. Da un’inchiesta attuata dall’osservatorio di genere (vedi sopra) si è evidenziato che solo 1 donna su 10 ricorre alla difesa istituzionale per chiedere aiuto; o ancora che solo 1 donna su 10 ricorre all’aiuto di un familiare per sottrarsi a questi abusi. In primis, quindi, esiste una sfiducia nell’agire per via legale o nel rivolgersi alla propria famiglia per ricevere aiuto. Il dato ci mostra quindi una scarsa considerazione delle forze dell’ordine e in generale degli ordini di giustizia, giudicati inutili per via della forte corruzione radicata.

Istituzioni pubbliche assistenziali ed educative: Ad aggravare la situazione vi è una mancanza sostanziale di una cultura volta a promuovere e difendere l’emancipazione della condizione femminile. Ci riferiamo all’assenza di momenti formativi ed educativi sulla tematica dell’autodeterminazione del corpo e della vita della donna, quale che sia il suo status economico e etnico. Da un’inchiesta svolta nel 2014 emerge che 2 donne boliviane su 10 sono state discriminate nel sistema educativo e negli uffici pubblici. Ancora, 2 donne su 10 sono state discriminate nella ricerca di lavoro. Davanti a questi dati pensiamo che la promozione dei diritti e delle libertà debba partire proprio dalle scuole pubbliche e dalle istituzioni formative, oltre che dalla famiglia e dalla società civile tutta. In riferimento ai servizi pubblici per la tutela delle donne e dei loro diritti, ci siamo resi conto, lavorando nel settore dell’assistenza, di una totale mancanza di strutture riabilitative per donne con problemi di dipendenze o di salute mentale. In rapporto alle offerte rivolte alla popolazione maschile dove esistono diverse possibilità sia nel pubblico che nel privato, per la controparte femminile questo servizio è ridotto al minimo se non addirittura negato. Dalle nostre fonti risulta che, in tutto lo stato della Bolivia, esistano solamente due centri dedicati alla popolazione femminile in stato di consumo di sostanze (principalmente l’alcol). Questo dato non è frutto di una minore percentuale di donne in consumo, ma molto probabilmente di un’accessibilità negata dovuta ad una discriminazione perpetuata.

Giustizia: Il sistema giudiziario boliviano è rinomato per la sua inefficienza e non idoneità alla corretta applicazione della legislazione vigente. Corruzione, abusi, ritardi, discriminazioni sono all’ordine del giorno. In tema di lotta contro la violenza sulle donne queste problematiche si inseriscono all’interno di una visione culturale particolarmente machista che rende ancor più evidente l’inefficacia del sistema come strumento di tutela delle donne vittime di violenza. Tale status quo, connesso con costi economici particolarmente elevati, comporta inoltre una sostanziale diffidenza delle stesse vittime dall’utilizzo degli strumenti di tutela giuridica previsti.

Famiglia: Come si può evidenziare in tutti questi punti, alla base esiste una radicata e continua condizione familiare fortemente patriarcale e machista. In molte zone de La Paz, sopratutto nelle periferie e a El Alto, persistono forme di potere prepotentemente nelle mani dei maschi, capi-famiglia. La donna viene percepita solamente come figura allevatrice dei figli, negandole indipendenza e autonomia. A differenza del classico sistema patriarcale, dove è l’uomo la fonte lavorativa primaria, nelle strade della città sono molto più le donne a gestire e condurre le attività lavorative di piccolo commercio, risultando così anch’esse un’importante fonte economica di sostentamento familiare.

Violenza sulle donne in Bolivia
Signore all’opera tra i fornelli durante un mercato domenicale.

CONCLUSIONI

Da quanto esposto sopra, emerge all’interno della realtà boliviana una grave violazione dei diritti delle donne. Proporre soluzioni concrete a tale conflitto appare quanto più complesso dal momento che le cause sono da ricercarsi su piani differenti: il tessuto economico estremamente povero, strutture pubbliche inefficienti, la tradizione ancestrale tutt’ora vigente che prevede una rigida gerarchia patriarcale. Per realizzare un cambio effettivo sono necessari differenti interventi che abbraccino tanto l’ambito educativo quanto quello politico e sociale, proponendo una reale attuazione delle previsioni legislative.

Proponiamo quattro interventi nello specifico:

L’introduzione all’interno dei programmi scolastici tanto primari quanto secondari di moduli educativi aventi ad oggetto riflessioni sulla parità di genere tra uomo e donna, approfondimenti sui movimenti femministi e corsi integrativi sul rispetto dei diritti umani fondamentali. Gli stessi moduli educativi devono essere promossi a favore delle persone maggiorenni al di fuori del contesto scolastico, riformulandone il modello sulla base del differente contesto formativo, anche come strumento di riabilitazione connesso con l’esecuzione di una pena per reati contro la donna.

Finanziamento e implementazione di programmi di lotta alla corruzione e discriminazione all’interno degli organi pubblici, quali tribunali e corpi di polizia. La Bolivia è uno dei paesi sudamericani con il più alto tasso di corruzione. Questo dato, connesso ad una cultura altamente machista, comporta che, pur essendo vigente una legislazione particolarmente accurata in tema di tutela dei diritti delle donne, non esistano rimedi effettivi volti a mettere in pratica tali previsioni. Appare fondamentale quindi che il governo implementi una campagna di lotta a questo tipo di fenomeno, prevedendo un sistema di controllo idoneo affinché la legislazione sia correttamente attuata.

Finanziamento e implementazione di programmi governativi volti a prevedere servizi sociali e assistenziali realmente funzionanti a favore delle vittime di violenza nonché delle donne in difficoltà in generale. In Bolivia i servizi sociali a favore delle donne sono sostanzialmente erogati da enti privati molto spesso finanziati da organizzazioni estere. In determinati ambiti, come nell’assistenza alle donne affette da infermità psichica e da dipendenza da sostanze, le strutture sono totalmente (o quasi) assenti. È di vitale importanza la creazione di una rete di strutture sociali che offra assistenza, percorsi terapeutici, programmi di riabilitazione, alternative di fuga, a tutte quelle donne che hanno subito violazioni, violenze o vivono una realtà di emarginazione.

Provvedimenti a livello internazionale volti a ottenere un reale impegno da parte della classe politica a favore di una maggiore valorizzazione del ruolo della donna all’interno della società boliviana nonché un maggior coinvolgimento all’interno della vita politica del paese.

La Bolivia sta attraversando un periodo di profondi conflitti e rivolgimenti interni, a seguito in particolare delle ben note elezioni presidenziali del 20 ottobre 2019. La speranza è che questo clima di cambiamento sia fecondo perché torni centrale la tragicamente urgente tematica della violenza sulle donne e si aprano nuove strade, tanto a livello culturale quanto politico, verso un reale cambiamento nel breve termine. La fragilità del momento sociale, la complessità del problema e le implicazioni derivanti sui diversi piani della società boliviana (politica, giustizia, tradizione, organi pubblici e assistenziali…) sembrerebbero purtroppo lasciar prevedere che l’inversione di rotta sia ancora lontana da venire. Appare perciò quanto più auspicabile un intervento deciso degli organi internazionali volto a stimolare una innovata sensibilizzazione sull’argomento. Nella tempesta che sta attraversando il paese potrebbe trovarsi la spinta per decostruire i meccanismi machisti e retrogradi che hanno fatto della Bolivia uno dei paesi più pericolosi al mondo per le donne.

Violenza sulle donne in Bolivia
Il Cimitero Centrale di La Paz durante la festività di Ognissanti.

[Le foto, scattate su rullino, sono di Emanuele Marafante direttamente da El Alto e La Paz]

Non perderti nemmeno una briciola di bellezza resistente.